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Alla Luce della Teosofia

 

Theosophy In the Light of Theosophy 2

[Questo articolo è stato pubblicato su The Theosophical Movement di ottobre 2018. Per altri articoli pubblicati su questa eccellente rivista seguire il link: http://www.ultindia.org/previous_issues.html ]

Quando ti guardi riflesso allo specchio sei consapevole di chi ti sta guardando. La percezione di sé è ovvia. L’autoconsapevolezza è uno dei più grandi misteri della mente. Come è sorta, e a cosa serve? A parte gli esseri umani, ci sono pochi altri animali che riconoscono se stessi allo specchio. L’autoconsapevolezza potrebbe essersi evoluta negli animali più intelligenti, dal cervello più grande. Se è così, allora rappresenta l’apice della complessità mentale – la più alta forma di coscienza. Tuttavia, sebbene la capacità di riconoscere se stessi allo specchio sia generalmente considerata un indicatore di autoconsapevolezza, quest’idea è stata messa in discussione. Per esempio, gli psicologi dello sviluppo ribattono che non si tratti necessariamente di una consapevolezza di sé che vada oltre il momento presente.

“Molti psicologi e antropologi sostengono che ci sia una gerarchia della coscienza che corrisponde all’aumentare della complessità del cervello”. Gli animali con un sistema nervoso semplice e coinvolti in esperienze sensoriali primarie sono considerati essere alla base della gerarchia. Poche menti sono abbastanza sofisticate da avere esperienza del mondo in modo differente – attraverso delle lenti introspettive, e persino loro possono avere un senso del sé limitato. “Solo all’apice della complessità mentale troviamo menti in grado di costruire per tutta la vita una narrativa di esperienze centrate su un concetto astratto di ‘sé’ – queste sono l’élite.

Questa differenza nella dimensione e nella complessità dei cervelli deve essere stata basata sulle diverse esigenze evolutive che l’animale ha dovuto soddisfare per sopravvivere … C’è una particolare necessità che sembra aver portato all’evoluzione di cervelli complessi e che avrebbe potuto creare anche le condizioni per la nascita del senso del sé. Si tratta della sfida con le altrui menti – che siano prede, rivali o altri membri del proprio gruppo sociale”. Per ottenere ciò il cervello aveva bisogno di evolvere da una semplice cosa che prova sensazioni a essere il loro osservatore.

L’autoconsapevolezza può essere un fenomeno apparentemente complesso che emerge dal cervello. La mente può raccogliere l'eco di miliardi di neuroni che si rispondono l'un l'altro con segnali elettrici. I segnali fluiscono lungo serie diverse di connessioni, ma alcuni percorsi sono più battuti. Negli esseri umani, le connessioni predominanti sembrano essere quelle usate per contemplare le menti di altri – le stesse connessioni che usiamo noi stessi per pensare. Quanto emerge da ciò è uno schema che sembra costante. Per te, quella è la tua percezione di te. Quindi il nostro cervello fa apparire il senso di sé. L’autoconsapevolezza non è l’apice della coscienza, è solo un sottoprodotto accidentale dell’evoluzione, e un parto delle nostre menti, scrive Sofia Deleniv, una dottoranda all’università di Oxford (New Scientist, 8 settembre 2018).

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Editoriale - L’avidità è una malattia

Jan Nicolaas Kind – Brasile

L'aviditá è una malattia

L’avidità è la più devastante tra le patologie che al giorno d’oggi affliggono il mondo. Il suo virus ha completamente infettato il nostro comportamento e perfino, più deplorevolmente, il nostro modo di pensare. La cupidigia ha influenzato il modo in cui ci rapportiamo con gli altri, con l’ambiente, con la politica, l’istruzione, la religione e con la nostra sessualità. Gli uomini sono disposti perfino ad entrare in guerra per avidità; essa ha fatto di noi dei terresti corrotti.

The Society A 2 ebenezer scrooge

Nella maggior parte dei dizionari l’avidità è così descritta: “Desiderio, intenso ed egoista di qualcosa, in particolare di ricchezza, potere, cibo o altri averi”.

In un sito web, che non riporta il nome dell’autore, ho trovato questa citazione:

“Il denaro e l’avidità sono forze potenti, che diventano influenze corruttrici sulle persone e sul loro ambiente. Poiché il denaro è equiparato al potere, le persone benestanti sono viste come più potenti e ciò conferisce loro maggiore autorità sui poveri. Ciò crea una separazione tra le varie classi socioeconomiche, cosa che alla fine porta disuguaglianze nelle comunità. È a causa di questo che la cupidigia entra in gioco, portando il caos, mentre la violenza esplode per consentire alle persone di ottenere ciò che vogliono. La corruzione viene vista come abuso del potere da parte di chi esercita un’autorità superiore, riuscendo a passarla liscia”.

L’avidità è uno dei sette difetti del carattere o dei tratti “oscuri” della personalità. Tutti noi abbiamo potenzialmente la tendenza alla cupidigia ma, nelle persone che provano una paura particolarmente forte della mancanza (privazione), l’avidità può diventare divorante.

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Mini-intervista Bruno Carlucci

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1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanto tempo sei membro della ST?

Mi chiamo Bruno Carlucci e vengo da Brasilia, in Brasile. Al momento vivo tra San Paolo e Brasilia. Sono ufficialmente membro della S.T. dal 2016, ma mi vedo più come un collaboratore che come un membro nel senso di essere legato a un’istituzione. Studio Teosofia dal 2005 e sono anche stato socio di altri piccoli gruppi incentrati sullo studio e sulla pratica del buddismo mahayana e del primo gnosticismo cristiano, tenendo comunque conto dei contributi della letteratura teosofica nello studio di queste tradizioni.

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Dimensione spirituale interiore – le opere d’arte di Kate Blalack


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L’artista

Kate è una meravigliosa giovane donna dell’Oklahoma, che da alcuni anni ci aiuta con la pubblicazione del Theosophy Forward, sia come installatore informatico sia come vice caporedattore. È creativa e ricca di talento e siamo fortunati che renda disponibili alcune delle sue opere d’arte ai nostri lettori, in questo e nei prossimi numeri.

Lavora con il regno degli elementali, che dovrebbe essere familiare ai Teosofi. Ciascuna delle sue creazioni è un’interpretazione surrealista del suo dialogo con i regni astrali.

Sin da quando era molto giovane, Kate è stata affascinata dai confini della realtà; i luoghi in cui sogno, immaginazione e visione si confondono.

Le sue creazioni potrebbero risultare inquietanti per qualcuno, ma questo dipende solo dal fatto che obbligano le persone a confrontarsi con la profonda e potente magia delle loro stesse menti. Kate si propone di rendere visibile il “non visto” (ovvero l’occulto) della vita di ogni giorno. Ogni quadro è accompagnato da una sua spiegazione.

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Suono e tono

William Quan Judge – USA

Theosophy Sound and Tone 2

La parola “tono” deriva dai vocaboli greci e latini che significano suono e tonalità. In greco il termine “tonos” vuol dire un “allungarsi” o “tendersi”. Per quanto riguarda il carattere del suono, la parola “tono” si usa per indicare tutte le varianti di suono, come alto, basso, grave, acuto, dolce o stridulo. In musica, il tono dà la qualità peculiare del suono prodotto e distingue anche uno strumento dall’altro, per esempio un tono intenso, un tono esile e così via. In medicina determina lo stato di salute del corpo, ma qui viene usato maggiormente col significato di forza e si riferisce alla resistenza o alla tensione. Non è difficile collegare l’uso della parola in medicina con la risonanza divina di cui parliamo, perché potremmo considerare la tensione come vibrazione, o quantità di vibrazione, con la quale il suono è catturato dall’orecchio; se l’intero sistema diminuisce gradualmente, così che il suo tono si abbassi senza interruzioni, il risultato alla fine sarà una dissoluzione per quell’insieme di molecole.

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Editoriale – Questo è il Theosophy Forward

Jan Nicolaas Kind – Brasile

 

The Society A 2

Il primo numero del Theosophy Forward è uscito nel febbraio-marzo 2009 e fin da allora vi sono state pubblicate molte centinaia di articoli. Il periodo successivo alle prime edizioni, ormai nove anni fa circa, non è stato dei più tranquilli. La ST Adyar era appena passata attraverso una tempestosa elezione del Presidente Internazionale e, tra i membri del comitato, c’erano molta ostilità, incomprensioni, caos e diffidenza. Vidi rompersi amicizie che duravano da anni, a causa di tutto quel subbuglio. Mia sola intenzione, con la rivista, era di portare un po’ di luce in quell’apparente oscurità. Non avevo esperienza alcuna nella gestione di un periodico in versione elettronica, pertanto dovetti imparare molto velocemente. In quei primi giorni mio fratello Hans, in Olanda, mi aiutava ospitando il sito e John Algeo, negli Stati Uniti, era quello che, nel suo modo peculiare, mi insegnò come fare la revisione dei testi, come scrivere e tenere il passo con il compito di direttore. Un grande sostegno e un eccellente collaboratore dei primi anni, che qui va senz’altro menzionato, è stato Anton Rozman dalla Slovenia che, per un certo periodo di tempo, ha prodotto per il Theosophy Forward dei meravigliosi e-book. Queste gemme si possono ancora reperire negli archivi del TF. Sfortunatamente Anton ha dovuto smettere di collaborare con noi nel 2014.

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Cerchi concentrici: Perché sostengo le ITC (International Theosophy Conferences)

Jonathan Colbert – USA

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I cerchi concentrici di Kandinsky

Nel nostro mondo siamo testimoni di molte contese come quella di Caino e Abele, aspre e a quanto pare irresolubili, tra israeliani e palestinesi, oppure tra India e Pakistan, le due Coree, i due Sudan, le due Irlande, tra protestanti e cattolici, sciiti e sunniti, tra destra e sinistra. Al contrario, questo nostro Movimento Teosofico, unico nel suo genere, pionieristico e lungimirante, è il primo a organizzarsi attorno a principi astratti e universali che vanno oltre le differenze di casta, sesso, credo, razza o nazionalità. Mirando a un’incondizionata solidarietà tra tutti i membri del genere umano, questo movimento è forse l’ultima migliore speranza dell’umanità per addolcire l'amarezza e risanare le profonde ferite del nostro mondo. Come teosofi, inoltre riconosciamo che è nostro compito doverci stringere in gruppo e andare d'accordo, e ci assumiamo la particolare responsabilità di sostenere tutti i membri, a prescindere dalle apparenti divisioni tribali. Nell’atto stesso del conoscere l'ideale sacro della Fratellanza Universale, sentiamo che nostro compito è quello di incarnarlo.

Quando i teosofi, in special modo quelli di organizzazioni diverse, s’impegnano a lavorare assieme, inevitabilmente si manifestano forti energie volte al discredito e alla disgregazione. Le forze d'inerzia si mostrano soprattutto in concomitanza di progressi rilevanti, che sono resi possibili quando sono messe da parte presunte differenze, favorendo così orizzonti più ampi; o quando un potenziale si fa cinetico, grazie a quell’intensificarsi della corrente che viene determinato dall’apporto di energie convergenti. Inoltre, il grado di purezza e di altruismo che muovono alla cooperazione, come quella citata, e della forza del desiderio di servire l'umanità, avrà la stessa intensità del risveglio di quelle forze brute che mirano al discredito, al dubbio e alla destabilizzazione. Essendo essenzialmente rivoluzionaria, la fratellanza in actu sfida direttamente la comfort zone dello status quo ante. Se le organizzazioni teosofiche sapranno lavorare assieme, le persone nel loro seno dovranno fare appello a facoltà altrettanto rivoluzionarie dentro di sé: i poteri della magnanimità incondizionata, quelli dell'immaginazione creativa e quel potere che desiderano i veri servitori dell'umanità, cioè apparire nulla agli occhi degli altri.

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Editoriale

Jan Nicolaas Kind – Brasile

The Society Editorial 2

Il piano inferiore del River Bungalow dove il vostro direttore ha soggiornato tra il dicembre dello scorso anno e il gennaio di quest’anno (2018) con l’amico MICHIEL HAAS come vicino di casa

Questo editoriale è dedicato a tutte quelle donne e quegli uomini che, giorno dopo giorno lavorano sodo per rendere operativo il nostro Quartier Generale Internazionale ad ADYAR e la Società Teosofica in tutto il mondo, compito non facile.  

Volontariato: una chiamata

Erano dieci anni che non andavo ad Adyar, ed era pertanto giunto il momento di riprendere dimestichezza con quel luogo meraviglioso nella lontana India, una specie di oasi nella follia del traffico di Chennai e in quella frenetica attività che oggigiorno si riscontra in ogni città metropolitana in via di sviluppo. Con una popolazione di circa cinque milioni di persone Chennai, quale capitale del Tamil Nadu, così come accade in molte altre città indiane, si deve confrontare con un inquinamento notevole e con altri problemi logistici e socioeconomici.

Ogni volta che vi si arriva e che si intraprende il – talvolta spaventoso – ma anche straordinario trasferimento dall’aeroporto ad Adyar, diviene evidente che il profumo dell’India si può davvero riconoscere. Non sto parlando dell’inquinamento, ma di quel raro miscuglio di spezie, erbe, e cibo in preparazione. Oh, quanto mi piace quell’odore, ancora così familiare, anche dopo dieci anni di assenza.

Ho sempre avuto la tendenza a non idealizzare o romanticizzare Adyar, che è il nostro Quartier Generale internazionale. La casa dei Maestri…? Non fraintendetemi, comprendo bene cosa quella frase significhi e certo esiste quel legame storico e spirituale, ma talvolta credo che la casa dei Maestri possa essere in ogni luogo dove siano pensieri puri, energia che eleva e cuori pieni di compassione. E ancora, se vogliamo parlare di storie d’amore, là per la prima volta ho incontrato mia moglie Terezinha, sulle scale delle Leadbeater Chambers, e ci innamorammo sulle rive del fiume Adyar e perciò: cosa devo dire? Devo ad Adyar così tanto.

Oltre al fatto che ho partecipato a molte Convention Internazionali e a sessioni della Scuola di Saggezza, ho anche lavorato non-stop per un anno nella tenuta, dal 2001 al 2002. Ho avuto la grande opportunità di assaporare Adyar, di conoscere e sentire cosa significa essere parte di quel gruppo di volontari che sono là, giorno dopo giorno, dando il meglio di sé. Effettivamente ci sono persone che vanno e vengono, tra i lavoratori di Adyar. Alcuni rimangono per molti anni, altri per un breve periodo di tempo, ma l’essenza è sempre la stessa: dedizione, sacrificio, umiltà e desiderio di imparare: essere una parte del nucleo.

Lavorare ad Adyar richiede coraggio e perseveranza. Non è solo una specie di avventura, quella che si intraprende. Essa certamente richiede tanto, al volontario. Andare al Quartier Generale internazionale che è situato ad Adyar, zona della molto popolosa e rumorosa Chennai, lavorare e passare del tempo là, per la Causa, offre una possibilità unica di crescita interiore. Ma non è così facile, questo è certo. L’energia ad Adyar è considerevole. I visitatori che arrivano per le Convention lo notano, ma l’impatto di quell’energia diviene più forte se vi si soggiorna più a lungo.

I lavoratori volontari sono una risorsa vitale per il successo di ogni ente no-profit, e questo vale anche per la S.T. Adyar; essi sono impagabili. Il trasferimento ad Adyar, l’abituarsi al modo indiano di fare le cose e di vivere in un ambiente altamente spirituale – può essere faticoso e stressante, all’inizio.

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