Per la serie “La nostra unità”

Nicholas Weeks – Stati Uniti

L’aura degli esseri tutti

Sarebbe un errore che l’obiettivo dei nostri sforzi comuni fosse quello di creare unità tra i membri dei Gruppi Teosofici. Sarebbe una forma di egocentrismo di gruppo. I teosofi (come tutta l’umanità) sono già un’unità in sé.

Per formare e mantenere, nel mondo esteriore, un nucleo di Fratellanza Universale, il nostro intento deve andare oltre la famiglia teosofica. Facciamo sì che il nostro sforzo sia quello di parlare, agire e pensare l’unità per tutti gli esseri, umani e non, qui e in tutti i regni dello spazio. La grande apertura di questo atteggiamento non esclude creatura alcuna dall’aura che comprende tutti gli esseri.

In breve, non si deve prestare attenzione ai Teosofi solo in quanto tali, ma perché anche loro, come il resto dell’umanità, sono scintille del divino in umana veste.

Per la serie “La nostra unità”

Dorothy Bell – Australia

Cosa credete che possa essere fatto affinché ci sia più comprensione tra le varie tradizioni teosofiche, per superare gli ostacoli apparentemente insormontabili che le hanno divise per così tanto tempo? Cosa potete aggiungere di positivo, voi individualmente o con il vostro gruppo, a questo processo?

Le tradizioni spirituali e religiose sono il prodotto del loro passato, in termini di cambiamento e di continuità. Ciascuno tende a ricreare se stesso, nel tempo, in generazioni successive, preservando e perfino solidificando il modello originale in strutture, credi e metodi. I membri di solito hanno legami karmici ed fanno un investimento emotivo in quella tradizione che scelgono o nella quale sono nati.

La Dottrina dell’occhio e la Dottrina del cuore

Da uno studente

Maestro, che cosa farò per giungere alla Sapienza?

Cosa, o Saggio, per raggiungere la perfezione?

Cerca i Sentieri. Ma, o Lanu, sia puro il tuo cuore prima d’incominciare il viaggio.
Prima di muovere un passo, impara a distinguere il vero dal falso, l’effimero dall’imperituro. Sopra tutto impara a distinguere la scienza del cervello dalla Sapienza dell’Anima,
la Dottrina dell’“Occhio” da quella del “Cuore”.

da La Voce del Silenzio, 109-111

Allo studente che cerca la conoscenza del sentiero che porta verso la saggezza e la perfezione, l’insegnante risponde distinguendo tra l’apprendimento intellettuale e la saggezza dell’anima ed evidenziando l’importanza della pulizia o della purificazione del “cuore”. La distinzione tra apprendimento intellettuale e saggezza dell’anima, fondamentale nell’insegnamento del testo sacro La Voce del Silenzio, viene espressa con metafore quali “la dottrina dell’occhio” e “la dottrina del cuore”. Le due espressioni si possono spiegare secondo vari livelli di sviluppo umano, dalle sublimi opportunità di un essere illuminato, all’approccio ordinario al sapere, ai doveri dell’umana esistenza.

Per la serie “La nostra unità”

Jacques Mahnich - France

Andare avanti

La storia del movimento teosofico moderno somiglia, fin dalla sua creazione, ad un elenco senza fine di scismi, conflitti e divergenze nei concetti e nelle azioni. Per proporre realisticamente idee ed iniziative che favoriscano la riconciliazione, portando ad una riunificazione del flusso di pensieri e azioni, dobbiamo identificare in maniera esauriente le radici di queste dissociazioni dagli scopi della Società Teosofica iniziale e dagli intenti dei suoi fondatori. Un denominatore comune, che spesso troviamo nella maggior parte dei movimenti spirituali, sembra essere l’eterno comportamento egoistico di quelle persone che sono così convinte di sapere come trovare la verità meglio di chiunque altro, inclusi i fondatori del Movimento, da scartare perciò ogni altra voce.

Attraverso iniziative individuali e collettive, il XXI secolo sembra aver innescato un “rinnovamento” teosofico, nel quale gli studenti sembrano allontanarsi dalle cristallizzazioni di organizzazioni esistenti per tornare agli scopi originali della Divina Saggezza. La storia sembra ripetersi, se compariamo tutto ciò con i movimenti religiosi quali, ad esempio, il Cristianesimo, tornato al messaggio originale dei Vangeli. Questo fa sperare in una nuova energia ed unità nella diversità.

Per la serie “La nostra unità”

Dara Eklund - USA

Stiamo raggiungendo l’obiettivo

E’ più che naturale che i teosofi facciano ricerca spirituale, in un tempo in cui sembrano esserci così tanti elementi di divisione ancora in essere nella Società. Sostenere l’ideale che “la Fratellanza è un fatto, in Natura”, significa che l’umanità, nel suo insieme, non lo ha ancora riconosciuto come tale. Sebbene esprimiamo enfaticamente la nostra devozione alla “Unità nella diversità”, i diversi elementi non sono ancora stati portati ad una prospettiva equilibrata e men che meno all’unità. Osserviamo, con l’antico precetto taoista, che “la via principale è molto semplice, ma le persone amano i sentieri secondari”. Anche la filosofia cinese ci ha mostrato che per avere l’armonia nel mondo è prima necessario avere quella individuale, della famiglia, della nazione. Pertanto l’armonia inizia con noi, nei nostri cuori e nelle nostre vite quotidiane, cercando di dominare le nostre tendenze negative, quelle che ci hanno scollegati, isolati dal nostro Vero Essere.

Come Alice Cary ha scritto nel suo poema “Nobility”: “Ciò che vale veramente sta nell’Essere, non nel sembrare – nel fare, ogni giorno che viene, qualche piccola cosa buona – non nel sognare di grandi realizzazioni da compiere più avanti… Non c’è niente di così regale come la gentilezza, niente di così regale come la verità”. Questi sono semplici principi con i quali possiamo influenzare l’intera umanità.

Per la serie “La nostra unità”

Vicente Hao Chin Jr. – Filippine

Sull’Unità teosofica

Il tema dell’unità teosofica è complesso. Dobbiamo per prima cosa essere chiari riguardo a quale sia il genere di unità di cui stiamo parlando.
Se stiamo parlando di un’unità organizzativa – ovvero del riunire tutte le organizzazioni teosofiche in una – allora questo appare improbabile, almeno nel futuro più prossimo. Le basi non sono ancora ben poste.
Se si tratta di una collaborazione tra le differenti organizzazioni teosofiche per portare avanti la missione del movimento teosofico, allora questo è assolutamente possibile, tanto quanto desiderabile.

Di seguito espongo alcuni miei pensieri su un tale tentativo:

1.    Per prima cosa, abbiamo bisogno di ribadire l’ovvio: i principi che sottostanno a una tale cooperazione dovrebbero essere gli scopi del movimento teosofico, come affermati dai fondatori, inclusi i Mahatma nelle loro lettere. I punti essenziali di questi scopi non dovrebbero essere troppo difficili da definire, anche se ci potrebbero essere alcune zone d’ombra. I tre scopi della S.T., la vita spirituale, la formazione del carattere, la filantropia teosofica e la diffusione della Teosofia (esempio questo di zona d’ombra) sono semplici esempi di una base per quel genere di lavoro e visione unificati.

Per la serie “La nostra unità”

Betty Bland – Stati Uniti

L’unità tra i teosofi

Una delle mie ricette preferite, seppur desueta, deriva dalla famiglia di mia madre; è la tradizionale “ciambella del sud”1. La ricetta probabilmente ha avuto origine in tempi in cui le pietanze non erano così sofisticate come quelle di oggi e quindi i suoi ingredienti sono semplici: una libbra di uova, una libbra ciascuno di burro, zucchero e farina. Negli anni la ricetta è stata affinata, ma le proporzioni sono ancora simili a quelle originarie. Questo è un esempio in cui l’intero è decisamente migliore delle sue parti. Dipende da come ciascun ingrediente si fonde con gli altri; se uno di questi manca, il risultato è un disastro.


Ciambella del sud  - Southern Pound Cake

Come teosofi, impegnati nel sommo obiettivo della Fratellanza, siamo simili a quel “pound cake”. Anche se le nostre tristi divisioni e disaccordi hanno fatto di noi ingredienti differenti, tali ingredienti sono tuttavia essenziali per il dolce teosofico d’insieme. Se qualcuno dei nostri gruppi, impegnati in quella visione teosofica del mondo delineata da Madame Blavatsky, escludesse il resto, screditerebbe il risultato, il nostro fine ultimo, ovvero l’innalzamento dell’umanità, che va liberata dalle superstizioni religiose e dal materialismo scientifico, per una crescita pacifica e armoniosa.

Editoriale

Jan Nicolaas Kind – Brasile

Molte lune fa, deve essere stata l’estate del 1968 quando vivevo ancora ad Amsterdam che, per la prima volta nella mia vita, mi fu detto che esisteva qualcosa come la teosofia. Colui che fu tanto buono da aprirmi tale porta fu un anziano e ben conosciuto musicista ebraico, scampato miracolosamente agli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Mi affascinava sentirlo parlare delle leggi di causa ed effetto, di karma, reincarnazione, dei mondi visibili e invisibili, di tolleranza e compassione, della libertà di pensiero e di come la musica crei delle energie che influenzano la mente delle persone ed il loro ambiente circostante.

Ricordo vivamente le nostre passeggiate in un parco della capitale dell’Olanda. Quando ci sedevamo su una panchina cominciava sempre a raccontarmi della sua lunga ed interessante vita come violinista e direttore d’orchestra, degli artisti e compositori che aveva incontrato, dei suoi anni a Parigi, degli amori della sua vita – e della teosofia.

A quei tempi, erano i colorati e vibranti Anni Sessanta, avevo la testa piena di Jim Morrison, Jimi Hendrix e degli Iron Butterfly. Ero certo che stavo per cambiare il mondo. Bob Dylan era il mio eroe, la guerra in Vietnam era una cosa orribile, Woodstock era ancora da venire e la sera sedevo con alcuni miei amici studenti cercando di comprendere quel che Jean Paul Sartre intendeva quando scriveva che gli esseri umani sono condannati ad essere liberi. Oltre a tutto ciò, questo anziano uomo mi parlava di Teosofia.
Non cosciente dell’esistenza di qualcosa come la Società Teosofica, ma incuriosito dai suoi molti racconti, un giorno gli chiesi se aveva mai fatto parte di un gruppo o circolo di persone interessate alla Teosofia. La sua risposta fu significativa; egli non aveva mai considerato l’idea di associarsi ad una Società Teosofica perché per quanto lo riguardava la Teosofia era meravigliosa, era stata un faro per tutta la sua vita, e lo aveva aiutato a superare gli anni della guerra, ma bisognava fare attenzione, con i Teosofi. Quando gli chiesi perché bisognava essere cauti nell’avere a che fare con loro, disse che nel loro primo scopo era inclusa la fratellanza, ma che c’era così tanta disarmonia tra essi che, in quanto violinista di formazione classica, non poteva partecipare a quella che egli definiva “la cacofonia di Karlheinz Stockhausen” (Stockhausen era un controverso compositore tedesco moderno, conosciuto perché usava una tecnica a dodici toni, che spesso aggrediva le orecchie degli ascoltatori).