Il mio dialogo con il Dalai Lama

Raghavan Iyer – USA

Devo avvertirvi fin dall’inizio che in questo pomeriggio mi propongo di parlarvi non come ex presidente dell’Oxford Union, né come suo docente. Voglio rinunciare a questo ruolo e rivolgermi a voi come un ricercatore e un pellegrino, perché è in tal guisa che mi sono recato dal Dalai Lama. Questa è la sola giustificazione del mio tentativo di raccontarvi quanto mi ha detto durante la memorabile e toccante intervista che mi ha graziosamente concesso nel marzo scorso, esattamente un anno dopo il suo esilio in India dal Tibet. Sento di dover condividere con voi i miei ricordi di quanto mi ha detto, soprattutto in considerazione del suo sentimento personale nei confronti di questo Paese. Considerava l’Inghilterra come una forza a servizio del bene nel mondo di oggi, con un ruolo unico in Occidente. Diceva che Londra era il centro etico e spirituale dell’Europa e quando gli ho chiesto se questo significasse che molte anime sagge avevano iniziato a incarnarsi in questo Paese, ha assentito. Ha anche affermato che perfino il nostro governo fosse più consapevole della posizione del Tibet forse di qualsiasi altro stato occidentale. Pertanto ritengo che, a un pubblico ben disposto quale voi siete, io debba raccontare quanto più fedelmente mi è possibile, in base ai miei ricordi, in che modo il Dalai Lama ha risposto alle mie domande.

Innanzitutto devo fare alcune osservazioni preliminari sul significato peculiare dell’intervista, e sulla difficoltà di riportarla oggi pomeriggio. Il Dalai Lama è un uomo straordinario sotto ogni punto di vista, un caso raro in qualsiasi epoca e forse unico nella nostra. È di cinque anni più giovane di me eppure, durante l’intervista, sapevo di essere all’augusta presenza di un uomo senza età, che poteva assumere una varietà di atteggiamenti assolutamente senza affettazione. Era saggio e benevolo, ma anche ingenuo e infantile; era intensamente coinvolto, eppure profondamente distaccato in ogni espressione; era il più amabile degli uomini con un’indole divinamente mite ma era anche qualcos’altro. Era una presenza impassibile, impersonale. Parlava come se fosse un puro veicolo, come qualcosa di più importante e grandioso di quanto normalmente si manifesti nell’uomo. Non ha affermato di essere, né si è mai pensato che fosse, perfetto o infallibile ma, in sua compagnia, ho sentito la freschezza dell’immensa purezza personale, una sacralità visibile che sorgeva da un’integrità interiore. E non solo: sentivo, quasi per la prima volta, che stavo comunicando efficacemente e adeguatamente con un altro essere umano, e voglio dire ciò all’inizio perché è molto difficile riportare questo tipo di atmosfera, oppure qualsiasi altro aspetto della comunicazione avvenuta tra me e il Dalai Lama. Tutte le distinzioni della personalità erano svanite.

Non c’era la minima coscienza dei trucchi o perfino dell’inappropriatezza del linguaggio. Lui parlava in tibetano; io mi esprimevo in inglese facendomi aiutare da un interprete esperto. Capiva il mio inglese, mentre io non comprendevo il suo tibetano. Eppure, durante tutta l’intervista, ho sentito che davanti a me c’era un uomo che stava articolando ciascun singolo pensiero rilevante che aveva nella sua mente. Se il suo linguaggio era attento e conciso, il suo pensiero era controllato e preciso. Lungi solo dal tentare di comportarsi correttamente con chi poneva domande, lungi dall'essere semplicemente gentile in tutto ciò, egli era completamente assorbito nello strenuo processo, con quanta più esattezza e chiarezza gli consentisse il linguaggio, [di esprimere] ogni pensiero significativo che sorgeva nella sua mente in riferimento alle questioni da me sollevate. Questo, direi, era un metodo di comunicazione veramente non comune. Per tutto il tempo ci siamo sentiti entrambi esseri umani oltre quelle particolarità che influenzano i limiti della personalità. Lui mi ha dato un senso di partecipazione paritaria, un senso di qualcosa di più glorioso di entrambi, che non ho mai avuto prima, e che infatti contrastava con le altre personalità importanti che ho avuto modo di incontrare in India poco dopo questa intervista.

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