Jan Nicolaas Kind – Brasile
Le nuove iniziative sono sempre le benvenute, perché ogni nuova sfida offre la possibilità di approfondire, ricercare e rinnovare. Non tutto ciò che prende il via come “qualcosa di nuovo” finirà per avere successo, anzi, talvolta è proprio il contrario, ma noi dobbiamo comunque provarci, operando per il rinnovamento e l’innovazione. Lo scorso maggio, quando la nuova copertura dell’Adyar Theater crollò, ci fu una forte battuta di arresto, non solo per il team guidato dal Presidente Internazionale Tim Boyd, ma anche per tutti i membri. Allo stesso tempo però, questo sfortunato incidente ha offerto nuove possibilità di lavorare con più determinazione e di fare ancor meglio, cose per cui (ma questo è ovvio) ci vuole un certo coraggio.
Perchè cambiare?
Quando appaiono nuove idee o progetti c’è spesso resistenza; perché cambiare? Per alcuni è difficile (se non impossibile) uscire dall’ambito delle proprie comodità, preferendo restare attaccati a ciò che è logoro e vecchio, limitandosi a prendere misure superficiali e di facciata.
Secondo Torben Rick, un alto dirigente europeo, è interessante capire perché esista questa resistenza al cambiamento e come funzioni veramente. Qui sotto c’è un elenco di dodici obiezioni che vi darà maggiore comprensione su cosa possiamo trovarci ad affrontare quando il cambiamento bussa alla porta.
I dodici motivi principali per la resistenza al cambiamento:
1. Malintesi sulla necessità di cambiamento quando la sua ragione non è chiara – se lo staff non comprendela necessità di cambiamento aspettati che faccia resistenza; questo riguarda specialmente coloro che credono fortemente che l’attuale modo di fare le cose vada bene… visto che è stato così per vent’anni!
2. Paura di ciò che non si conosce – una delle ragioni più comuni per la resistenza al cambiamento è la paura di ciò che non si conosce. Le persone faranno qualche passo verso quello che non conoscono solo se credono veramente e, forse ancor più importante, sentono che il rischio dell’immobilismo è più alto di quello di andare verso una nuova direzione.
3. Mancanza di competenza – questa è una paura che raramente le persone ammetteranno di avere, ma talvolta i cambiamenti nelle organizzazioni necessitano di modifiche nelle competenze. Alcune persone sentiranno di non essere in grado di affrontare al meglio la transizione.
4. Il legame con il vecchio modo di fare – se tu chiedi alle persone di un’organizzazione di fare le cose in un nuovo modo, per quanto razionale la nuova procedura ti sembri, ti metterai contro tutto un sistema consolidato di interrelazioni: quello costituito dai legami emotivi tra il tuo pubblico e chi gli ha insegnato a fare le cose alla vecchia maniera – e questa non è cosa di poco conto.
5. Scarsa fiducia – quando le persone non credono che l’azienda, o loro stessi, siano in grado di padroneggiare completamente il cambiamento è molto probabile che ci sia resistenza.
6. Qualcosa di temporaneo – quando le persone credono che tale iniziativa sia temporanea, qualcosa di effimero.
7. Mancanza di consultazione – se le persone vengono coinvolte nel processo di cambiamento ci sarà meno resistenza. Le persone gradiscono sapere cosa sta succedendo, specialmente se questo va a toccare il loro lavoro. I dipendenti informati tendono ad essere più soddisfatti, sul lavoro, di quelli non informati.
8. Scarsa comunicazione — è ovvio, non è vero? Quando si arriva a cambiare la dirigenza, la comunicazione non è mai troppa.
9. Cambiamenti nella routine — quando parliamo di “zone di comfort” ci riferiamo alla routine. La amiamo. Ci fa sentire sicuri. Per questo c’è resistenza ogniqualvolta il cambiamento richiede che facciamo le cose in modo diverso.
10. Sfinimento/saturazione — Non confondete obbedienza con accettazione. Le persone sopraffatte dai continui cambiamenti si rassegnano e si lasciano trascinare dalla corrente. Sono presenti fisicamente, ma non con il cuore e possono avere un morale basso.
11. Cambiamento nello status quo — La resistenza può derivare anche dalla percezione che le persone hanno del cambiamento. Per esempio, le persone che sentono che alla fine del cambiamento la loro situazione peggiorerà, molto probabilmente non sosterranno pienamente tale processo. In modo similare, se le persone sentono che il cambiamento favorirà un altro gruppo/reparto/persona potranno provare rabbia e risentimento, anche se non li esprimeranno verbalmente.
12. Benefici e ricompense – Quando i benefici e le ricompense per la realizzazione di un cambiamento non vengono considerati adeguati al disagio che ne deriva.
Il fatto che la Società Teosofica sia un’Organizzazione “spirituale”, che dunque si suppone non possa essere comparata con una normale azienda d’affari è valido solo fino ad un certo punto. Sostengo infatti che anche in associazioni quali la S.T. il cambiamento debba trovare le sue modalità di realizzazione, poiché tutto ciò che esiste è soggetto a cambiamento costante. La resistenza al cambiamento pertanto è innaturale, inattuabile e contro produttiva; è un vecchio assioma. Tecnicamente parlando, Adyar (il campus) è una tenuta. Gestire una tenuta, facendola funzionare, mantenerne le proprietà e renderla accessibile ai membri in modo appropriato (dal punto di vista etico e strutturale pienamente in linea col pensiero teosofico) è come gestire un’azienda. Dovrebbe essere fatto solo da persone che sanno il fatto loro, in altre parole da professionisti che, senza dubbio, devono avere un profondo legame con la Teosofia. Adyar, nella sua funzione di Quartier Generale Internazionale, viene spesso definita “la Casa dei Maestri”. Sebbene io personalmente ritenga che i Maestri siano “a casa” in ogni luogo dove si manifestano energie buone e genuine, non dovrebbe tale specifico riferimento essere un buon motivo per rinnovarla, così che sia strutturalmente solida e funzionale almeno per i prossimi duecento anni a venire?
Se persiste la resistenza al cambiamento ogni corpo, ogni veicolo, ogni organizzazione morirà di morte lenta ma certa. La S.T. di Adyar come veicolo, con il suo Quartier Generale Internazionale, dopo decadi di stagnazione ha bisogno di sottoporsi ad una scrupolosa trasformazione, passo dopo passo e con un buon coordinamento, mentre guarda al futuro. Quando si parla di Statuto Internazionale, di infrastrutture, del funzionamento e della generale sistemazione del Quartier Generale Internazionale, della preservazione degli inestimabili Archivi e della Biblioteca, non possiamo esitare a fare regolari valutazioni e modifiche. Il compito principale della S.T., a questo riguardo, è portare l’organizzazione agli standard del ventunesimo secolo. Questo significa, in breve, non solo compiere una stima e apportare dei cambiamenti agli edifici e alle altre proprietà della tenuta di Adyar, come proposte nell’Elephants Project, ma considerare anche il lavoro essenziale della S.T. C’è bisogno che i membri vengano coinvolti molto di più. Il primo scopo della Società è quello di formare UN NUCLEO DI FRATELLANZA UNIVERSALE. Senza un coinvolgimento attivo dei soci in questa causa la S.T. è condannata ad arenarsi sul famoso banco di sabbia di H.P.B. o, ancor peggio, a finire nelle mani di alcuni teosofi “carrieristi”.
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http://www.theosophyforward.com/articles/the-society/1885-editorial-6