Mini–interviste Swathi
1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanto tempo sei membro della ST?
Sono Swathi, vengo da Bangalore (India) e sono un membro da dicembre 2008 (ma sono legato alla ST da tre generazioni).
1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanto tempo sei membro della ST?
Sono Swathi, vengo da Bangalore (India) e sono un membro da dicembre 2008 (ma sono legato alla ST da tre generazioni).
Damodar Mavalankar – India
Damodar Mavalankar
La notte scorsa, proprio mentre mi stavo preparando per andare a dormire, la voce di Kunala mi chiamò dall’esterno e uscii immediatamente. Guardandomi intensamente mi disse: “Volevamo vederti” e, mentre parlava, mutava gradualmente, o scompariva, o era assorbito nella forma di un altro uomo il cui volto e i cui occhi incutevano timore e la cui forma era apparentemente sorta dalla materia del corpo di Kunala. Contemporaneamente comparvero anche altre due figure vestite alla tibetana, e una entrò nella stanza da cui io ero appena uscito. Dopo averli salutati con reverenza, non conoscendo il perché di quella visita chiesi al maggiore: “Avete ordini da dare?”
“Se ce ne saranno ti verranno comunicati senza che tu lo chieda - mi rispose - resta fermo dove sei”.
Raghavan Iyer – USA
Devo avvertirvi fin dall’inizio che in questo pomeriggio mi propongo di parlarvi non come ex presidente dell’Oxford Union, né come suo docente. Voglio rinunciare a questo ruolo e rivolgermi a voi come un ricercatore e un pellegrino, perché è in tal guisa che mi sono recato dal Dalai Lama. Questa è la sola giustificazione del mio tentativo di raccontarvi quanto mi ha detto durante la memorabile e toccante intervista che mi ha graziosamente concesso nel marzo scorso, esattamente un anno dopo il suo esilio in India dal Tibet. Sento di dover condividere con voi i miei ricordi di quanto mi ha detto, soprattutto in considerazione del suo sentimento personale nei confronti di questo Paese. Considerava l’Inghilterra come una forza a servizio del bene nel mondo di oggi, con un ruolo unico in Occidente. Diceva che Londra era il centro etico e spirituale dell’Europa e quando gli ho chiesto se questo significasse che molte anime sagge avevano iniziato a incarnarsi in questo Paese, ha assentito. Ha anche affermato che perfino il nostro governo fosse più consapevole della posizione del Tibet forse di qualsiasi altro stato occidentale. Pertanto ritengo che, a un pubblico ben disposto quale voi siete, io debba raccontare quanto più fedelmente mi è possibile, in base ai miei ricordi, in che modo il Dalai Lama ha risposto alle mie domande.
Jan Nicolaas Kind – Brasile
Primo pensiero
Mi ricordo chiaramente come la mia cara mamma, all’inizio degli anni ’50, quand’ero un bambino di 5 o 6 anni, mi tenesse e stringesse saldamente la mano mentre attraversavamo le strade trafficate di Amsterdam. È il tipo di sensazione che si prova da bimbi, quando tua madre vuole proteggerti da una situazione potenzialmente pericolosa. Istintivamente non facevo caso a quella stretta, ma se attraversavamo una strada particolare, chiamata Raadhuisstraat (in italiano: strada del Municipio), che si trova nei pressi del Palazzo Reale e di Piazza Dam, lei mi stringeva la mano fino a un livello quasi intollerabile. Alcuni anni dopo, dovevo averne 7 o 8 circa, alla mia ripetuta richiesta del perché la sua stretta mi sembrava sempre aumentare quando passavamo per quella via, mia madre si prese il tempo – ed ebbe il coraggio – di spiegarmene la ragione.
1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanto tempo sei membro della ST?
Il mio nome è Shikhar Agnihotri. Abito a Lucknow in India, una città che può suonare familiare a molti membri della ST in tutto il mondo grazie al dr. I.K. Taimni, un eminente Teosofo, che proveniva da qui. Sono diventato membro della ST nel 2008.
[Questo articolo è stato pubblicato su The Theosophical Movement di ottobre 2018. Per altri articoli pubblicati su questa eccellente rivista seguire il link: http://www.ultindia.org/previous_issues.html ]
Quando ti guardi riflesso allo specchio sei consapevole di chi ti sta guardando. La percezione di sé è ovvia. L’autoconsapevolezza è uno dei più grandi misteri della mente. Come è sorta, e a cosa serve? A parte gli esseri umani, ci sono pochi altri animali che riconoscono se stessi allo specchio. L’autoconsapevolezza potrebbe essersi evoluta negli animali più intelligenti, dal cervello più grande. Se è così, allora rappresenta l’apice della complessità mentale – la più alta forma di coscienza. Tuttavia, sebbene la capacità di riconoscere se stessi allo specchio sia generalmente considerata un indicatore di autoconsapevolezza, quest’idea è stata messa in discussione. Per esempio, gli psicologi dello sviluppo ribattono che non si tratti necessariamente di una consapevolezza di sé che vada oltre il momento presente.
“Molti psicologi e antropologi sostengono che ci sia una gerarchia della coscienza che corrisponde all’aumentare della complessità del cervello”. Gli animali con un sistema nervoso semplice e coinvolti in esperienze sensoriali primarie sono considerati essere alla base della gerarchia. Poche menti sono abbastanza sofisticate da avere esperienza del mondo in modo differente – attraverso delle lenti introspettive, e persino loro possono avere un senso del sé limitato. “Solo all’apice della complessità mentale troviamo menti in grado di costruire per tutta la vita una narrativa di esperienze centrate su un concetto astratto di ‘sé’ – queste sono l’élite.
Questa differenza nella dimensione e nella complessità dei cervelli deve essere stata basata sulle diverse esigenze evolutive che l’animale ha dovuto soddisfare per sopravvivere … C’è una particolare necessità che sembra aver portato all’evoluzione di cervelli complessi e che avrebbe potuto creare anche le condizioni per la nascita del senso del sé. Si tratta della sfida con le altrui menti – che siano prede, rivali o altri membri del proprio gruppo sociale”. Per ottenere ciò il cervello aveva bisogno di evolvere da una semplice cosa che prova sensazioni a essere il loro osservatore.
L’autoconsapevolezza può essere un fenomeno apparentemente complesso che emerge dal cervello. La mente può raccogliere l'eco di miliardi di neuroni che si rispondono l'un l'altro con segnali elettrici. I segnali fluiscono lungo serie diverse di connessioni, ma alcuni percorsi sono più battuti. Negli esseri umani, le connessioni predominanti sembrano essere quelle usate per contemplare le menti di altri – le stesse connessioni che usiamo noi stessi per pensare. Quanto emerge da ciò è uno schema che sembra costante. Per te, quella è la tua percezione di te. Quindi il nostro cervello fa apparire il senso di sé. L’autoconsapevolezza non è l’apice della coscienza, è solo un sottoprodotto accidentale dell’evoluzione, e un parto delle nostre menti, scrive Sofia Deleniv, una dottoranda all’università di Oxford (New Scientist, 8 settembre 2018).
Jan Nicolaas Kind – Brasile
L'aviditá è una malattia
L’avidità è la più devastante tra le patologie che al giorno d’oggi affliggono il mondo. Il suo virus ha completamente infettato il nostro comportamento e perfino, più deplorevolmente, il nostro modo di pensare. La cupidigia ha influenzato il modo in cui ci rapportiamo con gli altri, con l’ambiente, con la politica, l’istruzione, la religione e con la nostra sessualità. Gli uomini sono disposti perfino ad entrare in guerra per avidità; essa ha fatto di noi dei terresti corrotti.
Nella maggior parte dei dizionari l’avidità è così descritta: “Desiderio, intenso ed egoista di qualcosa, in particolare di ricchezza, potere, cibo o altri averi”.
In un sito web, che non riporta il nome dell’autore, ho trovato questa citazione:
“Il denaro e l’avidità sono forze potenti, che diventano influenze corruttrici sulle persone e sul loro ambiente. Poiché il denaro è equiparato al potere, le persone benestanti sono viste come più potenti e ciò conferisce loro maggiore autorità sui poveri. Ciò crea una separazione tra le varie classi socioeconomiche, cosa che alla fine porta disuguaglianze nelle comunità. È a causa di questo che la cupidigia entra in gioco, portando il caos, mentre la violenza esplode per consentire alle persone di ottenere ciò che vogliono. La corruzione viene vista come abuso del potere da parte di chi esercita un’autorità superiore, riuscendo a passarla liscia”.
L’avidità è uno dei sette difetti del carattere o dei tratti “oscuri” della personalità. Tutti noi abbiamo potenzialmente la tendenza alla cupidigia ma, nelle persone che provano una paura particolarmente forte della mancanza (privazione), l’avidità può diventare divorante.
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1. Come ti chiami, da dove vieni e da quanto tempo sei membro della ST?
Mi chiamo Bruno Carlucci e vengo da Brasilia, in Brasile. Al momento vivo tra San Paolo e Brasilia. Sono ufficialmente membro della S.T. dal 2016, ma mi vedo più come un collaboratore che come un membro nel senso di essere legato a un’istituzione. Studio Teosofia dal 2005 e sono anche stato socio di altri piccoli gruppi incentrati sullo studio e sulla pratica del buddismo mahayana e del primo gnosticismo cristiano, tenendo comunque conto dei contributi della letteratura teosofica nello studio di queste tradizioni.